La guerra degli ibridi - Sessione 02 - Il covo

Tutti i ragazzi che lo ritennero necessario, ascoltarono il consiglio di Luca e si trasferirono. Gli unici che non si trasferirono furono Tony, Beppy, Hans e Virgilio. Qualche giorno dopo  vennero ricontattati da Luca che chiese di incontrarli nelle catacombe. Li avvisò anche che sarebbe arrivata anche un'altra persona che si sarebbe aggregata a loro. Si riunirono nel punto dove viveva Virgilio e poco dopo il loro arrivo li raggiunse anche Zelina, il nuovo membro del gruppo. Una signora di poco più di trent'anni, curatrice di musei. A causa degli ibridi molte delle opere nel suo museo sono state gravemente e irrimediabilmente danneggiate. Un paio di minuti dopo, Luca li raggiunse e li accompagnò in una zona delle catacombe lontana dal centro città, poi dentro un passaggio segreto. Alla fine del passaggio segreto, costruito da poco, raggiunsero una grande stanza quasi completamente spoglia. In fondo, nell'angolo a sinistra, c'era un tavolo con un paio di sedie e davanti c'erano il giornalista e un uomo che stavano parlando. Non appena arrivò Luca con i ragazzi, si voltarono a guardarli, interrompendo il discorso. Luca cominciò subito a spiegare il nuovo piano, sembrava avere una grossa fretta. Spiegò loro che grazie ad uno psicologo specializzato nell'ipnosi, sono riusciti ad avere nuove informazioni utili. Il bar in rovina nel quartiere dove viveva il giornalista era uno dei covi della milizia e sospettavano che vi si nascondesse anche un ibrido. Il gruppo dei ragazzi sarebbe dovuto entrare nel bar per cercare un possibile passaggio segreto, entrarci e trovare il gruppo che si nascondeva al suo interno. Una volta scovati sarebbero intervenuti Luca e altri suoi amici per immobilizzare e catturare l'ibrido. Nello spiegare il piano sembrava sicuro che tutto fosse andato per il verso giusto, anche se il gruppo non era del tutto convinto della riuscita positiva della missione. Nonostante quella forte incertezza, accettarono ed iniziarono a mettere in piedi un piano per entrare nel bar senza essere troppo sospetti.


Si spacciarono per tecnici del gas, noleggiarono un furgoncino e una macchina a parte, ci attaccarono gli adesivi con il nome di una ditta, si procurarono attrezzi, caschetti e giubbotti di sicurezza e raggiunsero il posto. Prima però, Gabriele, si intrufolò nelle telecamere del quartiere, per controllare che non ci fosse nessuno nei paraggi. Parcheggiarono nel piccolo parcheggio davanti al bar ed entrarono. All'interno tutto era a soqquadro. Le mensole degli alcolici erano state svuotate e pure la macchina del caffè e la cassa erano state portata via. Nel magazzino dietro al bancone era rimasto pochissimo. C'era anche una piccola cucina di fianco al magazzino e dal lato del muro in comune con quello c'era uno scaffale che sembrava essere messo lì da poco. Non aveva nulla sulle mensole e la polvere era molta meno che in tutto il resto del locale. Lo spostarono e dietro trovarono una porta. Una volta aperta trovarono un passaggio segreto con delle scale che conducevano ad un piano interrato. In fondo alle scale c'era un porta chiusa. Dietro alla porta sentirono rumori di passi e armi. Infilarono una sonda sotto la fessura della porta per dare un'occhiata prima di entrare e videro cinque uomini della milizia che fissavano la porta con i fucili in mano, ma non ancora puntati. Dietro gli uomini un tavolo. Antonio bussò chiedendo permesso, come se tutto fosse normale. Aprì la porta mentre gli altri rimanevano sulle scale ed entrò, trovando una sorpresa. Dietro al tavolo c'era il capo, un ibrido che sembrava li stesse aspettando. Gli diede un ironico benvenuto mentre Antonio cercò di continuare con la farsa. Tuttavia l'ibrido sapeva che stavano mentendo, così gli chiese chi li avesse mandati. Un millisecondo di silenzio e una seconda porta alle spalle degli uomini venne buttata giù. Dalle scale scese Luca che spinse in dietro Antonio e richiuse la porta. Sentirono rumori, qualche sparo, qualche grido, qualche ringhio. Nel giro di pochi secondi tornò il silenzio. I ragazzi sulle scale non riuscivano a capire più niente. La porta venne riaperta e Luca li fece entrare. I cinque della milizia erano scomparsi e la porta era ancora sfondata. Dietro al tavolo rovesciato c'era l'ibrido immobilizzato. Luca si complimentò con il gruppo di ragazzi e poi iniziarono ad interrogare il mostro. Confessò, ridacchiando per tutto il tempo, di essere stato creato in un laboratorio segreto del Vaticano assieme ad altri dieci come lui. Avevano il compito di ripulire l'Italia dagli empi che la popolano e avrebbero avuto presto il compito di ripulire anche tutto il resto del mondo. Stavano progettando una compravendita con le maggiori potenze mondiali. Affermò che non c'era modo di ucciderli se non con l'aiuto di due reliquie che erano state nascoste da un vescovo scomparso anch'esso dalla circolazione.

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